AVV. MONICA VANDELLI

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Aspirazioni
“In un mondo in continuo cambiamento coloro che non sono stanchi di imparare erediteranno la terra, mentre coloro che si ritengono già istruiti si ritroveranno perfettamente formati per un mondo che non esiste più”. (Eric Hoffer)

MONICA VANDELLI

“Aiuto i miei clienti a gestire il conflitto e li guido in un cammino di maggiore consapevolezza ”.
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Mi chiamo Monica Vandelli e sono orgogliosa del lavoro che svolgo.

Sono nata nel 1973. Sono stati i miei genitori, Vanna e Romano ad insegnarmi valori quali la gratitudine, la fiducia, il coraggio e la resilienza.

Ho deciso di fare l’avvocato all’età di 13 anni quando l’ufficiale Giudiziario pignorò la mia pianola regalatami a Natale da mamma e papà.
Nel 1984 la società di mio padre, che all’epoca contava più di 30 dipendenti e un patrimonio immobiliare assai considerevole, fallì.
La notizia fece così tanto eco che la mia famiglia diventò notizia per tutti i giornali locali.

Il diritto fallimentare nel nostro paese era ed è tuttora estremamente punitivo e “cattivo”. L’interdizione anche dalla posta personale (che veniva intercettata dal Curatore fallimentare) fu solo una delle conseguenze che subì mio padre, insieme alla totale interdizione dagli uffici pubblici che contribuirono a togliere a mio padre la dignità di uomo e di imprenditore.

Subito dopo il fallimento mio padre ebbe un gravissimo incidente che lo costrinse in ospedale per molto tempo ove venne sottoposto a numerosi interventi chirurgici per riabilitare il suo braccio destro fortemente compromesso dalla caduta rovinosa.
Al suo rientro a casa, decise che quell’estate ci avrebbe comunque portato al mare nonostante non avessimo soldi né mezzi.
Recuperò dai rottami dell’officina una vecchia automobile scartata anche dai pignoramenti inflitti dal fallimento.

Quella macchina risultò per lui l’unica risorsa possibile per realizzare ciò che ci aveva promesso. Bastò un mese e quel rottame si trasformò, sotto le sue mani sapienti, in quell’automobile che era stata un tempo. Una vecchia Peugeut Station Wagon  che divenne il mezzo più che decoroso per affrontare il viaggio verso il mare.

Per lui quel viaggio rappresentò una sorta di riscatto soprattutto personale. Fu la nostra prima vacanza, durata un giorno, dopo tante restrizioni.

Quell’esempio accompagna ancora oggi la mia esistenza. Imparai così che non importa ciò che ti manca o ciò che ti accade, importa come affronti le sfide che la vita ti mette davanti. Non importa quante volte si cade, importa invece molto di più chi si diventa quando ti rialzi; importa il valore che si da a ciò che resta quando si perde tutto.
Osservando il comportamento di mio padre e di mia madre trovai il “perche” della mia vita: essere di aiuto per le persone affinché fatti come quelli accaduti alla mia famiglia potessero essere in qualche modo evitati o gestiti nel migliore dei modi.
Così applico ciò che ho imparato. Da anni aiuto i miei clienti a superare le difficoltà che la vita mette davanti il loro cammino rendendoli maggiormente autonomi nella gestione delle difficoltà.
Lavoro nel mio studio con lo spirito autentico di guidare i clienti verso un percorso di maggiore consapevolezza.
Mi avvalgo di collaboratori che come me condividono la vocazione di essere di aiuto ovvero di “chiamato in aiuto” che è l’esatta derivazione etimologica della professione che svolgo.
Dalla sfera attinente alle persone a quella imprenditoriale, lo studio da anni affronta le questioni aiutando i clienti ad acquisire maggiori strumenti di conoscenza affinché l’avvocato diventi per loro un valido supporto nella prevenzione e nella gestione delle difficoltà, con l’ambizione di insegnare loro che è il buon senso l’unico
strumento in grado, nel futuro di prevalere sul diritto.
Molte professioni possono farsi con il cervello e non con il cuore; ma l’avvocato no!  L’avvocato non può essere un puro logico né un ironico scettico, l’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé; assumere su di sé i loro dolori e sentire come sue le loro ambasciate. Per questo amiamo la nostra toga; per questo vorremmo, che quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero al quale siamo affezionati, perché sappiamo che esso è servito ad asciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustiziaCit Piero Calamandrei

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DIALOGO CON UN BAMBINO

 

Ma che lavoro fai?

Mi chiamano “segretino”: nel mio lavoro custodisco i segreti delle persone.

Ho capito fai La psicologa?

No però le persone si confidano e si manifestano per quello che sono. Si affidano.

Allora sei un medico?

No. Anche se spesso rispondo alle loro richieste perché i “casini” non hanno tempo né sabato né domenica.

Ho capito. Hai un’azienda tua come mio padre. Fai l’imprenditore.

Non faccio l’imprenditore propriamente inteso. Gestisco persone e aziende aiutandoli a trovare soluzioni.

Fai il dirigente come mio zio.

No. Nemmeno il dirigente. Opero in un sistema in cui non tutto dipende dalla mia volontà.

Trovo soluzioni prospetto strategie sostengo i clienti anche nei momenti più duri e difficili.

Non capisco ma che lavoro fai?

L’avvocato!

Ah Ho capito …. fai tanti mestieri in uno.

Si più o meno è così.

(dialogo con un figlio di un mio cliente).

Nel 2014 ho ricevuto un atto di comparizione per divorzio giudiziale,  dopo 3 incontri approfonditi con avvocati anche molto rinomati, ho avuto quello con l’avvocato Monica Vandelli che in un’oretta è riuscita a capire perfettamente la situazione ed ad aprirmi gli occhi su quello che stava e sarebbe accaduto.
Marco Marini, Cliente in Diritto Familiare